In Italia i servizi di assistenza dopo il parto sono ancora poco diffusi
Anche il bimbo più desiderato mette la mamma di fronte a dubbi, incertezze, paure. Quante trasformazioni, fisiche ed emotive, durante questo periodo! Poi, quando il piccolo nasce, ci si sente felici, ma i cambiamenti con-tinuano e dopo i primi giorni ci si ritrova sole ad affrontare una nuova realtà, spesso stressante e faticosa. E perché mai una mamma ?moderna? dovrebbe essere in grado di far tutto senza aver bisogno di sostegno e di conferme, come accadeva un tempo alle nostre nonne?
I cambiamenti ormonali legati al parto, ma anche le preoc-cupazioni dei primi tre mesi, rendono tutte le donne più fragili e facili al pianto , sensibili a ogni emozione. Emozioni piacevoli, ma anche la paura di non farcela, di non capire le esigenze del neonato. Come non reagire ai vagiti a volte inconsolabili del bimbo con altrettante lacrime?
Nei Paesi nordici viene chiamato baby blues, da non confondere con la depressione. Uno stato d’animo comune a tutte, ma che oggi, da noi, non gode della dovuta considerazione. Un tempo, alle mamme veniva offerta un’attenzione particolare. Tutta la comunità si adoperava per dare aiuto e sostegno, prima e dopo il parto. Per 40 giorni la donna doveva occuparsi solo del suo bambino.
Tutti si davano un gran da fare per alleggerire le giornate della mam-ma, per permetterle di riposare e sostenerla non con suggerimenti sterili, ma con atti concreti.
Oggi, invece, il consumismo e l’efficientismo non lasciano indenne neppure la maternità. Dilaga una cultura che, da un lato, minimizza le implicazioni emotive della gravidanza, dall’altro la cura come una malattia, con esami e limitazioni. Tutto di fretta. Poco lo spazio per esprimersi, parlare, ascoltare.
Una donna che affronta la maternità, a qualsiasi ceto appartenga, ha bisogno di qualcuno che la sostenga, una persona a cui manifestare dubbi, incertezze, dif-ficoltà. Ha bisogno di avere un punto di riferimento per confron-tarsi, per ritrovare se stessa e il rapporto con il partner, per affrontare l’esperienza di diventare madre.
Oggi in Italia, diversi ospedali e associazioni di ostetriche offrono servizi di sostegno alle neomamme, ma per il momento, non sono ancora molto diffusi. Bisognerebbe invece prendere esempio da alcuni Stati del Nord Europa, dove l’assistenza della ostetrica è un servizio consolidato.
Ogni giorno, per diversi giorni dopo il parto, le mamme ricevono una visita domiciliare. E l’operatrice non controlla solo il benessere fisico di mamma e bebè, ma sostiene anche l’allattamento, offre ascolto, facilita il rapporto fra i componenti della famiglia. Per tutto il puerperio, in relazione alle singole necessità, un’assistente domiciliare si prodiga per age-volare la nuova organizzazione familiare.
Anche da noi, fino agli anni Cinquanta, l’ostetrica condotta svolgeva questo compito. E la prevenzione, si sa, evita o limita le situazioni a rischio.
I cambiamenti ormonali legati al parto, ma anche le preoc-cupazioni dei primi tre mesi, rendono tutte le donne più fragili e facili al pianto , sensibili a ogni emozione. Emozioni piacevoli, ma anche la paura di non farcela, di non capire le esigenze del neonato. Come non reagire ai vagiti a volte inconsolabili del bimbo con altrettante lacrime?
Nei Paesi nordici viene chiamato baby blues, da non confondere con la depressione. Uno stato d’animo comune a tutte, ma che oggi, da noi, non gode della dovuta considerazione. Un tempo, alle mamme veniva offerta un’attenzione particolare. Tutta la comunità si adoperava per dare aiuto e sostegno, prima e dopo il parto. Per 40 giorni la donna doveva occuparsi solo del suo bambino.
Tutti si davano un gran da fare per alleggerire le giornate della mam-ma, per permetterle di riposare e sostenerla non con suggerimenti sterili, ma con atti concreti.
Oggi, invece, il consumismo e l’efficientismo non lasciano indenne neppure la maternità. Dilaga una cultura che, da un lato, minimizza le implicazioni emotive della gravidanza, dall’altro la cura come una malattia, con esami e limitazioni. Tutto di fretta. Poco lo spazio per esprimersi, parlare, ascoltare.
Una donna che affronta la maternità, a qualsiasi ceto appartenga, ha bisogno di qualcuno che la sostenga, una persona a cui manifestare dubbi, incertezze, dif-ficoltà. Ha bisogno di avere un punto di riferimento per confron-tarsi, per ritrovare se stessa e il rapporto con il partner, per affrontare l’esperienza di diventare madre.
Oggi in Italia, diversi ospedali e associazioni di ostetriche offrono servizi di sostegno alle neomamme, ma per il momento, non sono ancora molto diffusi. Bisognerebbe invece prendere esempio da alcuni Stati del Nord Europa, dove l’assistenza della ostetrica è un servizio consolidato.
Ogni giorno, per diversi giorni dopo il parto, le mamme ricevono una visita domiciliare. E l’operatrice non controlla solo il benessere fisico di mamma e bebè, ma sostiene anche l’allattamento, offre ascolto, facilita il rapporto fra i componenti della famiglia. Per tutto il puerperio, in relazione alle singole necessità, un’assistente domiciliare si prodiga per age-volare la nuova organizzazione familiare.
Anche da noi, fino agli anni Cinquanta, l’ostetrica condotta svolgeva questo compito. E la prevenzione, si sa, evita o limita le situazioni a rischio.
Articolo tratto da “Donna&mamma” Dicembre 2002